“Non mi sono mai sentito così distaccato dal mondo e presente a me stesso”.
Riconosciuta? E' la frase del filosofo esistenzialista Albert Camus, ad essa viene affidata l'apertura dello scenario nel film "Detachment" (2012). Pellicola con un Adrien Brody sempre più intenso, tanto da considerarlo uno degli attori più espressivi e interessanti da quel 2002, quando venne consacrato al successo con "The Pianist" di Roman Polanski.
Riconosciuta? E' la frase del filosofo esistenzialista Albert Camus, ad essa viene affidata l'apertura dello scenario nel film "Detachment" (2012). Pellicola con un Adrien Brody sempre più intenso, tanto da considerarlo uno degli attori più espressivi e interessanti da quel 2002, quando venne consacrato al successo con "The Pianist" di Roman Polanski.
Il regista Tony Kaye in Detachment muove le fila della narrazione attraverso lo sguardo distaccato di un supplente Henry Barthes (Adrien Brody), che insegna letteratura in una scuola americana. Le vicende si susseguono in una periferia dimenticata, un microcosmo fatto di proprie regole, di crude battaglie quotidiane per la sopravvivenza. I protagonisti sono dei ragazzi abbandonati a se stessi, frutto di una società inadatta e che fa sentire inadatti, di genitori alle spalle che hanno fallito: "bisognerebbe avere dei requisiti e un buon curriculum vitae prima di diventare genitori" recita lo stesso Henry.
Nella pellicola sono tantissimi i momenti affidati a brillanti monologhi, nei quali vengono analizzati il distacco, il disincanto, il famoso trattino immaginario che pone la distanza tra l'"io" e il mondo fuori, gli altri. Inesorabilmente questi monologhi passano per essere dapprima una sorta di tu per tu con lo spettatore, poi si trasformano in quella che potrebbe essere la voce narrante di ciascuno. Le immagini nel film scorrono con colori e velocità sovraeccitate; un tono voluto, forte, intenso, bello che rende la cruda realtà e l'analisi introspettiva condotta.
Uno di quei film che vorresti guardare per ore, ore e ore, in cui rimani immobile a leggere i titoli di coda proprio fino alla fine.
A seguire il trailer ufficiale...
Nella pellicola sono tantissimi i momenti affidati a brillanti monologhi, nei quali vengono analizzati il distacco, il disincanto, il famoso trattino immaginario che pone la distanza tra l'"io" e il mondo fuori, gli altri. Inesorabilmente questi monologhi passano per essere dapprima una sorta di tu per tu con lo spettatore, poi si trasformano in quella che potrebbe essere la voce narrante di ciascuno. Le immagini nel film scorrono con colori e velocità sovraeccitate; un tono voluto, forte, intenso, bello che rende la cruda realtà e l'analisi introspettiva condotta.
Uno di quei film che vorresti guardare per ore, ore e ore, in cui rimani immobile a leggere i titoli di coda proprio fino alla fine.
A seguire il trailer ufficiale...